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1 Novembre 2021Il primo scopo del camminare è spostare il corpo in avanti verso una posizione stabilita e ad una velocità desiderata. Il secondo scopo del camminare è utilizzare la minor quantità di energia possibile per raggiungere il primo obiettivo. Il corpo lo fa muovendosi il più possibile in linea retta mentre si muove in avanti. Durante la camminata, il movimento più efficiente dal punto di vista energetico è quello in cui il corpo si muove su e giù molto poco. Il terzo scopo è attenuare i disturbi in quei soggetti con condizioni dolorose ai piedi. Il nostro cervello ha una varietà di strategie per raggiungere questo obiettivo, tra cui esercitare meno pressione su un piede dolorante o alternare la posizione del piede quando camminiamo per limitare il disagio. Il quarto scopo della camminata è fare in modo che il piede si adatti al terreno irregolare e in una certa misura serva da ammortizzatore per disperdere la forza del corpo mentre si appoggia a terra. Il quinto scopo è consentire al piede di esercitare una leva rigida verso la fine della fase dell’andatura mentre il piede è appoggiato a terra, per ottenere la spinta del corpo in avanti.
Le Fasi del Cammino
Per comprendere le fasi del camminare occorre pensare a cosa succede a ciascun piede quando camminiamo. Vi sono due fasi: fase di appoggio e di oscillazione. La fase di appoggio (stance) inizia dal momento in cui il piede appoggia al suolo. Durante la deambulazione, questa fase comprende circa il 60% del ciclo del passo; entrambi i piedi si troveranno appoggiati al terreno per breve tempo durante questa fase. Durante la corsa la fase statica è minore e c’è un periodo nel ciclo del passo in cui entrambi i piedi sono sollevati da terra (cosiddetta fase di galleggiamento). La fase di oscillazione si verifica quando un piede è a terra e l’altro è sospeso in aria; quest’ultimo si trova nella fase di oscillazione (swing) dell’andatura.
Sottofasi della Fase di appoggio
Un modo più comodo e preciso di pensare alla fase statica (piede a terra) del camminare è considerare le cinque sottofasi che un singolo piede subisce. Essi sono i seguenti: appoggio del tallone, iniziale rilasciamento del piede, avanzato rilasciamento del piede, sollevamento del tallone e stacco delle dita.
Appoggio del tallone (fig.1)
(fig.1)
La fase di appoggio del tallone inizia nel momento in cui il tallone tocca per la prima volta il suolo e dura fino a quando l’intero piede è a terra.
Fase di iniziale rilasciamento del piede (fig. 2)
(fig.2)
L’inizio della fase di rilasciamento del piede è definito come il momento in cui l’intero piede è a terra. La fine della fase di rilasciamento del piede si verifica quando il centro di gravità del corpo passa sopra la parte superiore del piede. Il baricentro del corpo si trova approssimativamente nella zona pelvica anteriormente alla colonna vertebrale lombare, quando ci alziamo e camminiamo. Lo scopo principale della fase di rilasciamento del piede è di consentire al piede di fungere da ammortizzatore, aiutando ad attrarre la forza del peso corporeo che atterra sul piede e di raccogliere, attraverso i recettori sensoriali del piede, tutte le informazioni sullo stato del suolo.
Fase di avanzato rilasciamento del piede (fig.3)
(fig.3)
Una volta che il baricentro del corpo è passato davanti alla posizione neutra, si dice che una persona si trovi nella fase di avanzato rilasciamento del piede. La fase di avanzato rilasciamento del piede dell’andatura termina quando il tallone si solleva da terra. Durante la fase di “piede piatto tardivo” dell’andatura, il piede deve trasformarsi rapidamente da ammortizzatore a propulsore (trasformandosi in una leva rigida) per spingere il corpo in avanti.
Sollevamento del tallone (fig.4)
(fig.4)
Come suggerisce il nome, la fase di sollevamento del tallone inizia quando il tallone inizia a staccarsi dal suolo. In questa fase il piede funge da leva rigida per far avanzare il corpo. Durante questa fase del cammino, le forze che il piede deve sopportare sono piuttosto significative: all’incirca 2-3 volte il peso corporeo di una persona. Questo perché il piede crea un braccio di leva (centrato sulla caviglia), che serve ad amplificare le forze del peso corporeo. Se si considera che un individuo medio compie 3000-5000 passi al giorno (una persona attiva arriva anche a 10.000 passi/giorno), non deve sorprendere che il piede, sottoposto quotidianamente a stress ripetuti, possa sviluppare sesamoiditi, talalgie, metatarsalgie, fascite plantare, tendinopatie del tibiale posteriore e dei peronei.
Stacco delle dita (fig.5)
La fase di stacco delle dita si realizza quando le dita dei piedi si sollevano dal suolo. Questo rappresenta l’inizio della fase di oscillazione.
La corsa
La differenza fondamentale tra camminare e correre è che durante la corsa, c’è un periodo di tempo in cui entrambi i piedi sono sollevati da terra (fase “fluttuante”). Anche perché la corsa è associata a velocità più alte e le forze che si esercitano sul piede in appoggio sono maggiori rispetto alla camminata (circa 4-5 volte il peso corporeo durante la corsa e anche fino a 6-7 volte il peso corporeo durante lo sprint).
Movimento delle articolazioni principali durante la deambulazione
Ci sono diverse articolazioni del piede e della caviglia che si muovono durante la camminata. L’articolazione della caviglia è fondamentale per la normale biomeccanica della deambulazione, ma lo sono anche le altre articolazioni del retropiede, una combinazione dell’articolazione sottoastragalica e dell’articolazione tarsale trasversa. L’articolazione tarsale trasversa non è una singola articolazione, ne fanno parte infatti l’articolazione astragalo-navicolare e la calcaneo-cuboidea. La combinazione dell’articolazione sottoastragalica, astragalo-navicolare e calcaneo-cuboidea consente al piede di “scivolare” sotto l’astragalo e quindi di adattarsi nella posizione più idonea in rapporto al terreno.
L’articolazione tibio-tarsica (caviglia) consente al piede di muoversi verso l’alto (dorsiflessione) e verso il basso (flessione plantare), utilizzando rispettivamente la muscolatura situata nella parte anteriore e quella nella parte posteriore della gamba.
Articolazione sottoastragalica e tarsale trasversale
L’articolazione tarsale trasversa è composta dall’articolazione astragalo-navicolare e calcaneo-cuboidea. L’articolazione tarsale trasversa necessita del normale funzionamento dell’articolazione sottoastragalica, per poter svolgere normalmente il proprio ruolo. Insieme all’articolazione sottoastragalica, consente al piede di avere un movimento di lateralità e quindi di adattarsi al terreno irregolare. L’articolazione tarsale trasversa è composta da due articolazioni che consentono al piede di rilasciarsi o irrigidirsi del ciclo di durante le fasi della deambulazione. L’articolazione tarsale trasversa è rilassata quando gli assi articolari delle due articolazioni coinvolte sono paralleli tra loro (fase iniziale di rilasciamento), quando invece i due assi articolari non sono paralleli, l’articolazione tarsale trasversa diventa rigida.
L’alternanza di bloccaggio e sbloccaggio di questa articolazione assicura il normale ciclo del passo. Quando il tallone tocca il suolo, l’articolazione della caviglia viene abbassata dolcemente a terra e l’articolazione tarsale trasversa viene bloccata. Durante la prima fase del passo l’articolazione tarsale trasversa si sblocca, consentendo al piede di diventare di “afflosciarsi” e quindi di fungere da ammortizzatore. Quando il baricentro passa sopra la posizione neutra, il tendine tibiale posteriore sposta in alto questa articolazione e la blocca, creando ancora una volta una leva rigida. In questo modo, quando il tallone si solleva da terra, il polpaccio può incanalare la forza nel terreno per spingere il corpo in avanti.